La cucina classica fonda le sue radici nel ‘500 da un processo di integrazione delle varie gastronomie dei paesi europei verso un modello generalizzato favorito dalla gastronomia d’elite alle corti degli imperi europei. Il fondersi di diverse cucine regionali già influenzate dal calendario liturgico, accoglie tra le classi sociali più elevate un consenso tale che i cuochi iniziarono a prestare maggiore cura ai particolari, rigore nella dosatura e porzionatura degli ingredienti, attenzione ai metodi di preparazione e cottura dei cibi. I nobili “tengono in pretio magno i loro cuochi”, scrive un cronista della fine del Medioevo. Le preparazioni dapprima regionali divennero basi per la creazione di nuovi piatti che nei sontuosi convivi identificavano lo sfarzo a nelle corti delle famiglie nobili e reali, che portò ad una loro codifica già dal ‘400 in trattati di cucina di grandi cuochi come Maestro Martino e Roberto da Nola da Como. La scoperta delle Americhe contribuì allo sviluppo di nuove preparazioni con nuovi ingredienti diffondendo la coltura in tutta l’Europa di pomodori, fagioli, mais, tacchino, patate, ecc. Nel ‘500 tra i più famosi ad aver trascritto le regole della cucina regionale, dettate principalmente dalle stagioni e dalle tradizioni, si possono identificare coloro che hanno dato origine al cambiamento radicale alla cucina medioevale. I più noti sono Bartolomeo Scappi e Cristoforo di Messisburgo che identificano così nuove figure per il servizio quali gli scalchi ed i trincianti come “offiziali per il servizio”. Fù la comparsa della forchetta che rivoluzionò in questo secolo il modo di stare a tavola e segnò l’inizio del “mangiar con politezza”. L’opera del fiorentino Monsignor Giovanni della Casa resterà la più importante dell’epoca tanto da definire il nome della materia il Galateo. Nel 1600 lo sviluppo del gusto per la tavola e dell’arte del ricevimento alle corti delle famiglie nobili europee fù favorito dall’incremento degli scambi culturali e commerciali via terra o mare. La chiara influenza della cucina francese di quest’epoca è evidente nei ricettari italiani come quello di Bartolomeo Stefani cuoco dei Gonzaga con un minor utilizzo della carne equilibrando i menù, rispetto al secolo precedente, con preparazioni a base di verdura. E’ nel 1700 che la cucina francese diviene il punto di riferimento per i cuochi di tutte le più importanti case europee. Si formarono così grandi cuochi passati alla storia con trattati e aneddoti come Vatel e Careme. Il 1800 infine, dopo la rivoluzione francese, vide lo svilupparsi dei primi ristoranti gestiti dagli stessi cuochi prima a servizio della corte finendo per sostituirsi alla corte come centri di centri del culto gastronomico. Tuttavia continuerà a svilupparsi, con il termine delle monarchie e la nascita degli Stati, una cucina Nazionale che in Italia è ancora oggi la Tipicità del Nostro paese non ancora codificata ma, fortunatamente, non ancora unificata per la ricchezza agroalimentare e la specificità delle singole regioni italiane. A livello internazionale Escoffier poi fece il resto, codificando per primo la cucina classica moderna, frutto di un lungo percorso formativo, a cui si legano tutt’oggi le basi dell’alta cucina creando una chiara terminologia e divisione delle pietanze. Una codifica che viene ripresa in numerosi testi di cucina anche nei primi del ‘900 da Henry-Paul Pellaprat. La cucina classica moderna è viva e tutt’oggi un punto di riferimento nelle preparazioni e nel servizio, conoscenza fondamentale nel linguaggio della cucina: una lingua universale. |
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